Sunday Album Ian Carr with Nucleus – Labirinth (1973)
Collisions
Queste coppie di fotografie sono state esposte in due mostra tenute a Genova, nel 2017 e nel 2018.
These pairs of photographs were exhibited in two exhibitions held in Genoa, in 2017 and 2018.
Sono stampate con tecnica giclée su carta 100% cotone.
They are printed with giclee technique on 100% cotton paper.
Pick of the week – Every Sunday
Watercolour of an African dancer
Creatività / Creativity
Prima di cominciare, come credi giusto che sia, vi consiglio un libro. Probabilmente lo avete già letto o ne avete sentito parlare, essendo un bestseller mondiale.
English text below.
In libreria. Attivatevi! Prendete un libro leggete una, due, cinque, dieci pagine, saltate da una parte all’altra del libro, insomma fate un “un prelievo”. Ripetete la cosa con altri libri finché avete voglia. Ricordatevi che potete comprare libri anche se ora non avete il tempo di leggerli, dai vostri scaffali casalinghi potete eseguire il “prelievo” appena descritto quando vi capita, magari prendendo appunti o fotografando una pagina. Abituatevi quindi a leggere tanto e velocemente (sempre cogliendo il senso di quello che state leggendo). Lo spirito è: a scuola chiedetevi in bagno a leggere un libro piuttosto che fumare le canne. Siate fuorilegge della creatività e dell’arte.
Più progetti contemporaneamente. Questi sono utili. Le api saltano di fiore in fiore, cibandosi e facendo tante cose utili (come l’impollinazione): quando siete stanchi e vi sembra di aver esaurito la fantasia, passate a un progetto parallelo. Ma leggete anche il terzo consiglio.
Ogni tanto riposatevi! Non alienatevi al computer o a progetti, in cui avete raggiunto un poco prolifico stallo. Mettete la sveglia a dieci quindici minuti più tardi e fate un pisolino. Non vi consiglio di dormire di giorno e attivarvi di notte, alla lunga vi sentirete molto a disagio.
Non restate chiuso in casa aspettando che il mondo vi si riveli, cercate contatti, comunicate sia di persona che online. Imparate l’arte di “vendervi”, non leggendo questa affermazione in senso negativo.
Tenete un diario, tenete uno sketchbook (consiglio un taccuino di disegni anche a chi non è interessato alle arti visive, per esempio un musicista), aprite un blog con WordPress.
Fai ciò che ami fare. Non ingrigirti in un posto di lavoro che non ti stimola. Cerca un posto che ti faccia svegliare felice, anche se ciò comporta sforzi e tempi maggiori. Abbiamo una sola vita da vivere.
In arte non è il cosa ma il come che importa. Per esempio: non farti influenzare da manuali di disegno realizzati da persone che insegnano perché non sono riusciti a vendere la propria arte, e chiamano questo fenomeno: vocazione all’insegnamento. Io ho avuto pessimi maestri come lodevoli insegnanti, cerca di non affidare alla fortuna tutto ciò, anche perché ogni input influenza il tuo stile non avere un unico maestro, ma cento! (Google è lì che ti aspetta)
Specializzati. Decidi oculatamente un argomento nel quale specializzarti. Conoscendo a fondo una materia cercherai di andare oltre a quello che si conosce.
Sii curioso. I motori di ricerca non vedono l’ora di soddisfare ogni come, quando, perché riguardo a quello che ti passa per la mente.
In the bookstore. Get active! Pick up a book read one, two, five, ten pages, jump from one side of the book to the other, in short do a “pick-up.” Repeat this with other books as long as you feel like it. Remember that you can buy books even if you don’t have time to read them now, from your home shelves you can perform the “picking” just described whenever you get the chance, perhaps by taking notes or photographing a page. So get used to reading a lot and fast (always grasping the meaning of what you are reading). The spirit is: ask yourself in the bathroom at school to read a book rather than smoking joints. Be an outlaw of creativity and art.
Multiple projects at once. These are useful. Bees hop from flower to flower, feeding and doing many useful things (such as pollination): when you are tired and feel like you have run out of imagination, switch to a parallel project. But also read the third tip.
Take a rest once in a while! Do not alienate yourself at the computer or projects, in which you have reached an unprolific stalemate. Set your alarm for ten fifteen minutes later and take a nap. I do not advise you to sleep during the day and get active at night; in the long run you will feel very uncomfortable.
Don’t stay locked in your house waiting for the world to reveal itself to you, seek out contacts, communicate both in person and online. Learn the art of “selling yourself,” not reading this statement in a negative way.
Keep a journal, keep a sketchbook (I recommend a sketchbook even for those who are not interested in visual arts, for example, a musician), start a blog with WordPress.
Do what you love to do. Don’t congeal in a job that doesn’t stimulate you. Look for a place that makes you wake up happy, even if it means more effort and time. We only have one life to live.
In art it is not the what but the how that matters. For example: don’t be influenced by drawing manuals made by people who teach because they have failed to sell their art, and they call this phenomenon: teaching vocation. I’ve had bad teachers as well as praiseworthy teachers — try not to rely on luck for all that.
Specialized. Decide wisely on a topic in which to specialize. By knowing a subject in depth, you will try to go beyond what is known.
Be curious. Search engines can’t wait to satisfy every how, when, why regarding what’s on your mind.
Racconto
Giovedì mattina
Sogno qualcosa di terribile, da incutermi un tale spavento che vengo strappato via dal sonno! Ma quando sono sveglio non ricordo più niente. In ogni caso mi alzo dal letto riposato: finalmente sono riuscito a dormire tutta la notte. Guardo l’orologio, sono le 7:30, è giovedì e ho un appuntamento all’ospedale alle 10:30 per fare un’ecografia all’addome. Ho un dolore in quella zona che porto avanti da un bel po’ di tempo. Ammetto di essere un po’ preoccupato. Basterà l’ecografia? Dovrò fare anche una TAC? Per darmi serenità penso di preparami la solita colazione abbondante, ma un attimo! Devo andare all’esame digiuno, niente colazione, niente caffè… Sale un senso di impotenza, accompagnata da qualcosa simile alla rabbia, come odio in forma di aria compressa dentro ad un barattolo. Mi lavo i denti e la faccia, dovrei fare una bella doccia, ma non la faccio, come ripicca per dover stare a dieta. Quanto mi manca un caffè! Mi vesto e sento l’odore tra me e i vestiti che indosso l’odore del corpo che ha dormito. Non ho voglia di accendere ne radio ne televisione. Decido di sdraiarmi su quella che chiamo “poltrona psicoanalitica”. La osservo un attimo, è di acciaio cromato e pelle blu, è regolabile ed è lunga abbastanza per appoggiare i piedi. Naturalmente è comodissima e non sfigurerebbe, immagino io, nello studio di uno psicoanalista freudiano. Poco dopo essermi sdraiato mi addormento. Comincio a sognare. Una montagna altissima si staglia davanti a me, la vegetazione diventa sempre più rada dove la montagna è sempre più alta. Guardo in basso e noto che sono scalzo. Comincio a camminare sull’erba soffice e la sensazione è gradevole. Osservo la montagna e decido di salire, benché non ci siano sentieri. Tutto è selvaggio, sembra che nessun uomo prima di me sia stato lì. Ben presto alla tenera erba prende il posto un duro terreno pietroso. Pietre aguzze, taglienti al punto da farmi sanguinare i piedi. Il dolore mi fa tornare alla realtà. La prima cosa che faccio dopo essermi svegliato ancora mezzo smarrito, è guardare l’orologio: sono le 10:00. Devo correre in ospedale o arriverò in ritardo.
Sono sdraiato su un lettino ricoperto di carta, assurdamente scomodo, tutte le ossa della schiena che sono a contatto con la superficie mi fanno male. Il medico maneggia lo strumento senza mai guardarmi. Tiene le labbra strette, tanto che sembrano ancora più sottili di quanto lo sono già. Mi pone il gel sull’addome e comincia l’esame. Io non capisco niente di ciò che fa e vede muovendo la sonda. Il suo volto è inespressivo. Non mi sento a mio agio. Provo un sentimento di sfiducia e ansia. Quando l’esame ha termine, il dottore mi porge della carta per pulirmi dal gel, in silenzio. Mi fa accomodare su una sedia. Stampa delle immagini in bianco e nero, con zone più chiare ed altre più scure, pinza gli stampati su una cartella che posa sul tavolo. Poi prende un piccolo microfono e comincia a dettare al computer, la diagnosi suppongo, ma in un gergo medico a me totalmente incomprensibile, ciò che ha detto è ora testo che stampa, pinzato anch’esso alla cartella.
Lentamente cammino verso casa, ripenso alle immagini dell’eco e al gergo medico del referto, criptici ed enigmatici. Devo aspettare il referto del medico per conoscere la diagnosi. Quando sono nel mio soggiorno l’orologio segna le 11:45, sono stanco senza aver fatto chissà quale sforzo. Mi sdraio sulla mia poltrona blue, la stanchezza vince l’ansia e ben presto mi addormento. Sogno nuovamente la montagna, il prato, più in su il terreno brullo. Guardo i miei piedi, ora sono bendati, alzo lo sguardo e intravedo un’abitazione. C’è una piccola folla di gente davanti, persone vestite di cenci e dall’aspetto indisposto. Istintivamente mi avvicino, mi faccio largo ed entro nella casa. Un’unica stanza, alle cui pareti erano persone evidentemente malate. Improvvisamente mi trovo davanti una donna anziana che mi fissa con i suoi occhi scuri e profondi, occhi che scrutano. Lo sguardo sovrumano di una donna dotata di qualcosa che ancora non conosco.
“Chi sei?”, pronuncio a bassa voce.
“Paquita”, risponde e mi prende per mano.
Io quel nome lo avevo già sentito ne sono sicuro. Ma non era un vuoto di memoria (si possono avere vuoti di memoria in sogno?) e neanche censura (non esiste la censura in sogno), era un momentaneo oscuramento. Forse da sveglio mi sarei ricordato da dove spuntava quel nome. Due uomini dall’aspetto robusto mi presero e mi posarono su largo letto che si trovava al centro della stanza, aveva tanti ornamenti ma sopratutto era comodo. Paquita si avvicinò, quasi volesse baciarmi tanto i nostri respiri si intrecciarono e scambiavano, mi accarezzò il viso: quelle rade carezze di pietà antica.
Quello che segue lo ricordo bene, Paquita scopre l’addome e comincia a massaggiarlo con il pugno chiuso facendo cerchi, sempre più profondi, sempre più stretti. Il piccolo cesto di banane che sembra la sua mano fruga, stropiccia, in un unico punto, il punto che mi duole. Vedo la mano di Paquita insanguinarsi, entrare nella mia pancia, ma non provo dolore. Da quello squarcio estrae qualcosa di repellente, difficilmente descrivibile, sembra l’incrocio tra un feto antropomorfo e un arbusto dalle fitte radici. Quella cosa quando venne portata via mi fece pietà.
Mi sveglio, il male era stato estratto e io non provavo più alcun dolore. Dalla Chiesa sento provenire le campane di mezzogiorno.